Avete mai sentito parlare del grafico dell’elefante?
Un tracciato teorizzato da #BrankoMilanovic in grado di aiutare a comprendere chi sono i vincenti della globalizzazione e chi i perdenti e che ha proposto, per la prima volta, nel 2012 analizzando la distribuzione della ricchezza mondiale tra il 1998 e il 2008.
Milanovic ha in seguito riproposto lo studio prendendo in considerazione gli anni che vanno dal 2009 al 2021, dunque post crisi, rilevando un grande rimescolamento delle dinamiche: le classi più povere e medie del mondo occidentale si trovavano ancora più indietro nella classifica mondiale. Il risultato aggiornato ad oggi (che vi invito ad approfondire qui: https://www.foreignaffairs.com/world/great-convergence-equality-branko-milanovic), ci mostra una sostenuta crescita delle economie emergenti (la Cina, ad esempio, vivrà nei prossimi decenni una distribuzione di reddito interna molto simile a quella degli Stati Uniti) e una polarizzazione crescente della ricchezza in Italia.
Il nostro Paese, tra il 1988 e il 2008, ha sperimentato un cambiamento nella sua posizione nella distribuzione globale del reddito. Gli italiani e le italiane che si trovavano nel decile più alto hanno visto scendere il loro rango globale di circa 20 punti percentuali mentre il secondo e il terzo decile più bassi sono scesi, rispettivamente, di sei e due punti percentuali a livello globale. D’altra parte, la posizione nel mondo dei nostri connazionali più ricchi è stata poco influenzata dalla imponente crescita della Cina. Sembra che gli italiani e le italiane più abbienti si trovino in una parte della distribuzione globale dove la crescita cinese abbia avuto un impatto limitato.
Questa dinamica evidenzia come i Paesi occidentali, Italia compresa, siano sempre più composti da persone che appartengono ad aree molto diverse dell’intera gerarchia del reddito globale. Le posizioni globali di reddito diverse corrispondono a diversi modelli di consumo che, a loro volta, sono influenzati dalle mode globali. Di conseguenza, la percezione di un aumento delle disuguaglianze nei Paesi occidentali potrebbe acuirsi maggiormente perché le relative popolazioni appartengono sempre più, in base al livello dei redditi, a parti molto diverse di una gerarchia del reddito globale.
Stiamo assistendo a una polarizzazione sociale che potrebbe rendere le società occidentali simili a quelle di molti Paesi latinoamericani in cui le differenze di ricchezza e stili di vita sono estremamente pronunciate.
Un altro dato da evidenziare, nonostante la riduzione della disuguaglianza globale, riguarda il fatto che l’Italia è uno dei Paesi in cui le differenze sociali ed economiche sono a dismisura aumentate. E questo rappresenta un aspetto importante da considerare quando si analizza il quadro globale della disuguaglianza economica.
Di fatto, l’Italia e il mondo occidentale, si polarizzano e le sue classi più povere arrancano nel confronto globale. Sulla base di queste considerazioni, si potrebbe agire in due direzioni: la prima, è quella di una protettiva della situazione attuale (anche se non credo che avrà successo, ma certamente è quella che ha maggior presa sul fronte del consenso), la seconda ha a che fare con la scommessa sulle transazioni, sugli investimenti del PNRR, sulla banda larga nelle aree grigie e bianche (ossia, quelle sprovviste). E ancora: scommettere sulle risorse usate per promuovere le crescite aziendali, puntare sull’internalizzazione, spostarsi dalla competizione sul prezzo e investire in qualità del lavoro e nella ridistribuzione delle risorse e delle opportunità. Certo, una strada complicata. Ma è l’unica in grado di farci vincere questa sfida globale.